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mercoledì 23 gennaio 2019

Carnevale: maschere tradizionali


Il Carnevale inizia il giorno successivo all'Epifania e termina il giorno precedente al mercoledì delle Ceneri.
GIANDUJA
Gianduja nacque come burattino, per poi trasformarsi nel Settecento nella più importante maschera piemontese. Si narra che vivesse in una casetta assieme alla moglie Giacometta. Da semplice contadino, con il passare del tempo, divenne un gentiluomo allegro, amante del buon vino e della tavola. Si muove con eleganza, agitando il suo caratteristico codino rivolto all'insù, ed ama lo scherzo e i piaceri della vita. Gianduja ha finezza di cervello e lingua arguta: sono le sue armi, che adopera per mettere in burletta i suoi avversari. Gianduja è un tipo pacifico e non cerca la rissa, né ama complicarsi la vita, ma non rinuncia al suo senso di schiettezza, che fa parte del carattere piemontese, gentile ma sincero.
La sua generosità d'animo e l'innato senso di giustizia lo hanno sempre spinto dalla parte dei deboli e degli oppressi. I torinesi, che amano molto la loro maschera tradizionale, hanno dato il nome ‹‹gianduiotti›› a quegli squisiti cioccolatini dalla forma allungata che sono una delle loro più famose specialità dolciarie. La maschera di Gianduja è ancora oggi molto popolare in tutto il Piemonte.
Anche se non è molto facile incontrarla sui palcoscenici dei teatri, essa non manca mai nei festosi cortei delle maschere durante il Carnevale.
PULCINELLA
Pulcinella è degno compare di Arlecchino e talvolta suo rivale, specie negli intrighi d'amore. Pulcinella è fra le maschere più popolari e simpatiche ed è il simbolo di Napoli e del suo popolo. Pulcinella impersona lo spirito genuino, fatto di arguzia, di spontaneità e di generosità. Appare sulle scene nelle vesti di un servo furbo e poltrone, sempre affamato e alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti. Pulcinella si adatta a fare di tutto oltre al servo; eccolo di volta in volta fornaio, oste, contadino, mercante, ladruncolo e ciarlatano, che ritto su uno sgabello di legno, in uno spiazzo fra i vicoli di Napoli, cerca di smerciare i suoi intrugli ‹‹miracolosi›› a quanti gli stanno attorno a naso ritto, richiamati dalla sua voce chioccia e dai suoi larghi gesti delle braccia. Credulone, litigioso, arguto, un po' goffo nel camminare, Pulcinella è in continuo movimento, sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti. Ha anche un carattere mattacchione e, quando qualcosa gli va per il verso giusto, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie gustosissime a vedersi. Una cosa però che non riesce mai a imparare è a starsene zitto quando dovrebbe e proprio per questo è rimasta famosa l'espressione ‹‹è un segreto di Pulcinella›› per indicare qualcosa che tutti sanno. Ma anche questo fa parte del carattere napoletano di Pulcinella: combattere, con spirito allegro e generoso, contro tutte le avversità e le durezze che si presentano nella vita di tutti i giorni.
ARLECCHINO
Fra le maschere italiane è certamente la più conosciuta e popolare. È anche una delle più antiche, perché le sue origini si possono rintracciare nella figura del ‹‹diavolo burlone›› delle favole medioevali e in seguito nel ‹‹buffone›› delle compagnie di comici girovaghi presso le corti principesche o fra i saltimbanchi e gli acrobati nelle fiere e nei mercati dei sobborghi, sempre affollati di gente in cerca di divertimento. Nativo di Bergamo bassa, parlava il dialetto di quella terra, ma poi lo ha mutato in quello veneto, più dolce ed aggraziato. Il suo vestito era dapprima tutto bianco, come quello di Pulcinella, suo degno compare.
Col tempo, a furia di rattoppi con pezzi di stoffa di ogni genere, è diventato quello che oggi tutti conosciamo; un variopinto abito composto da un corto giubbetto e da un paio di pantaloni attillati, entrambi a losanghe e triangoli di tutti i colori. Arlecchino ha un carattere stravagante e scapestrato. Ne combina di tutte, inventa imbrogli e burle a spese dei padroni avidi e taccagni dei quali è a servizio, ma non gliene va bene una. Intendiamoci: Arlecchino non è uno stupido; magari è un ingenuo, talvolta forse un po' sciocco, ma ricco di fantasia e immaginazione. In quanto a lavorare nemmeno a parlarne; fra Arlecchino ed il lavoro c'è una profonda incompatibilità. Però fa lavorare la lingua, e molto. I suoi lazzi, le sue battute, le sue ingenue spiritosaggini, fanno ridere a crepapelle tutti quanti. Quando poi non sa come cavarsi da un impaccio o a liberarsi da un guaio, Arlecchino diventa un abile maestro nel far funzionare le gambe; capriole, piroette e salti acrobatici.
Vivace, scanzonato, pieno di brio e di trovate, Arlecchino è la più simpatica fra tutte le maschere italiane. Ancora oggi, dai palcoscenici dei teatri o nel mezzo di una festa di Carnevale, incanta e diverte il pubblico dei bambini e dei non più bambini.
PANTALONE
Pantalone è chiamato ‹‹il Magnifico›› ed è un ricco mercante che in passato ha accumulato una fortuna con i traffici ed il commercio e che ora, con un po' più di anni addosso, amministra i suoi averi con una tale parsimonia che, qualcuno non a torto, scambia per spilorceria. Egli è avaro e diffida di tutto e tutti; pettegolo
com'è, si perde in chiacchiere inutili e banali. Solo con le donne è gentile e galante: allora fa inchini, sussurra paroline dolci e si comporta come un vero dongiovanni, anche se ormai non ne ha più l'età. Spesso, proprio per queste sue smanie di corteggiatore da strapazzo, si invischia in pasticci così intricati che ne esce a fatica, sacrificando magari quella borsa che ha attaccata alla cintura ed alla quale tiene tanto. La maschera di Pantalone, nonostante le sue impennate ed i suoi borbottii, è quella di un personaggio bonario e pieno di umanità.
Nata a metà del secolo XVI, quella di Pantalone è una fra le maschere più antiche della commedia dell'arte. Essa è una maschera tipicamente veneziana e si esprime sempre nel dialetto di Venezia. La maschera di Pantalone ha incontrato molta fortuna nel pubblico, che vi riconosce i propri pregi e difetti.

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